Holocracy, come superare la gerarchia
Autori: Brian J. Robertson
Editore: Guerini Next, 2019, pp. 225 € 28.00
Genere: change management
Chiave di lettura: Ridisegnare l’organizzazione superando le gerarchie
Frasi-chiave: “Holocracy non è una teoria, un’idea o una filosofia, ha avuto origine dalla pratica attraverso il collaudo e l’errore, l’adattamento e la sperimentazione continua, tutto nel semplice tentativo di sprigionare nell’organizzazione una maggiore capacità creativa per esprimere il proprio proposito. L’evoluzione è il miglior progettista in circolazione”.
Ci sono libri che aprono la strada a nuovi paradigmi organizzativi. Gli anni ottanta é stata la volta alla Qualità Totale, introdotta in Italia dal libro omonimo di Alberto Galgano. Gli anni novanta, quelli del pensiero Lean, divulgato da James Womack e Daniel Jones nel loro libro-faro, Lean Thinking, bibbia del nuovo pensiero manageriale. È poi stata la volta di La quinta disciplina. Il suo autore, Peter Senge, ridiede slancio e concretezza al pensiero sistemico, coniugandolo con l’apprendimento organizzativo. Questo secondo decennio del nuovo secolo, caratterizzato da incertezza crescente e complessità entropica, sarà forse ricordato come l’era dell’azienda olocratica. Un concetto coniato dall’imprenditore Brian J. Robertson che, attraverso la sua azienda, Holocracy One, e il suo libro di successo, Holocracy, come superare la gerarchia, lo ha diffuso nel mondo. Finalmente arriva anche da noi, nell’eccellente traduzione di Andrea Farè e Demetrio Labate, due fra i maggiori sostenitori nostrani di questo nuovo modello organizzativo che definiscono “Una tecnologia sociale open source, di incredibile solidità, essenzialità e coerenza, che si auto-migliora in continuazione, grazie a una comunità sempre più vasta di aziende che ne hanno fatto il proprio Dna organizzativo”.
Holocracy è un processo di governance che semplifica le organizzazioni favorendo la proattività, la responsabilità, l’auto-organizzazione e l’execution. È nato in ambito informatico (come il pensiero Agile) per abbattere costi e lentezze del vecchio modello piramidale. Concepisce l’organizzazione come un organismo vivente che cambia in continuazione, con mutamenti piccoli e costanti. Ogni organizzazione intesa come organismo deve, quindi, adeguarsi costantemente per continuare a vivere. Cosa che la struttura piramidale rende difficile, se non impossibile. Per questo Robertson l’ha scompaginata, ridisegnandola da cima a fondo. Niente più organigrammi, ma cerchi che ridistribuiscono l’autorità decisionale a chi possiede informazioni, competenze, iniziativa. Holocracy introduce una nuova grammatica per la definizione delle reciproche aspettative e strumenti decisionali veloci e inclusivi, riconsegna l’organizzazione al suo proposito originario, rendendola agile, capace di auto-organizzarsi. Fra i primi ad adottarla con successo, un’azienda leader come Zappos. Ma non è facile, perché questo nuovo paradigma implica una profonda trasformazione della cultura organizzativa che va pazientemente preparata, accompagnando le persone verso un solido e profondo change mindset.
Due parole sul modello, per farsene un’idea. La piramide è abolita. L’azienda olocratica è disegnata come un grande cerchio che racchiude tutti gli altri che, a loro volta, contengono dei sotto-cerchi. Il potere è ridistribuito nei cerchi che si auto-governano, grazie al fatto di essere allineati sul proposito dell’impresa. Holocarcy ridefinisce alla radice il concetto di ruolo. In questo tipo di organizzazione, ogni Ruolo è “una piccola impresa” per conto dell’Organizzazione. Ma attenzione, non si tratta di anarchia, ma di un modo diverso di concepire l’organizzazione e le sue funzioni vitali, “il fare e le persone”. Le persone sono rigorosamente separate dai ruoli. “Nessuno può fra leva sul proprio ruolo per comandare sugli altri perché, chiunque ricopra uno o più ruoli, è semplicemente un partner dell’organizzazione che, in quel momento, sta dando vita a entità organizzative che esistono indipendentemente da lui”. Nelle aziende olocratiche il design organizzativo si crea e si trasforma senza designer. Nessuna persona, o gruppo, si siede al tavolo per disegnare l’organizzazione perché, come sostiene Roberson “L’evoluzione è più intelligente di noi”.
Sintetizzare il modello di Robertson non è facile. Si rischia di banalizzarlo. Meglio leggere il libro dove l’autore spiega con chiarezza e acume la filosofia che lo ispira. Ma illustra anche gli strumenti (come la riunione strategica) per preparare l’ambiente a far proprio questo nuovo modello organizzativo. Holocracy è un libro affascinante, contro-corrente, capace di accendere nuove prospettive sull’organizzazione, modi diversi di pensare se stessi in un contesto mutevole, dove ormai ciò che più conta sono le competenze e la responsabilità, l’iniziativa e la visione, guidata dall’etica (ribattezzata da Roberson proposito) che la ispira. Infatti “Holocracy non è un processo di governance “del popolo, dal popolo, per il popolo”, è la governance dell’organizzazione attraverso le persone, per il proposito”.