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Di chi possiamo fidarci?

Di chi possiamo fidarci?

Autore: Rachel Botsman

Editore:Hoeplii 2017, pp.315 € 22, 90

Genere: saggio sociologico

Chiave di lettura: La trasformazione del concetto di “fiducia” nell’era dell’interconnessione.

Frase chiave: “La fiducia distribuita, resa possibile dalle nuove tecnologie, sta riscrivendo                                     le regole delle relazioni umane. Sta cambiando il modo di vedere il mondo e di vederci l’un l’altro. In un certo senso ci riporta al vecchio modello della vecchia fiducia locale, tranne che oggi la comunità coincide con il mondo intero”.


Nell’era delle fake news dilaganti, delle istituzioni in caduta libera, dei politici improvvisati, dei leader che giocano a fare la guerra, dei robot intelligenti che pretendono di rimpiazzarci in ogni nostra attività, di monete virtuali che si dice siano più affidabili della moneta circolante, dei colossi digitali che si fanno beffa della privacy, la fiducia nelle istituzioni è giunta ai minimi storici, è quanto sostengono a gran voce le ricerche della Gallup (2016). E questa sì che è una true news, basta guardarsi intorno. In un mondo che ha perso il controllo Di chi possiamo fidarci?

È la domanda incalzante cui prova a rispondere Rachel Botsman, docente all’Università di Oxford e conferenziera di successo (i suoi TED Talks sono stati visti 3,5 milioni di volte), autrice di libri di successo, compreso il precedente, Consumo collaborativo (2009) pubblicato da Franco Angeli. Nel suo ultimo lavoro, sul banco degli imputati è la fiducia: quell’atto di affidamento che consente di colmare il dislivello fra certezza e incertezza o, nella definizione lapidaria e suggestiva che ne dà l’autrice, “la fiducia è una relazione ottimistica con l’ignoto”, ma anche “La colla che tiene unita la società e fa funzionare l’economia”. La sua ipotesi è che la fiducia istituzionale, quella verso i leader, i brand, gli intermediari, le autorità di regolamentazione stia perdendo terreno, lasciando spazio alla fiducia distribuita che scorre in orizzontale tra individui e resa possibile dalle reti e dalle  piattaforme digitali. “Questo nuovo tipo di fiducia – sta riscrivendo le regole delle relazioni umane. Cambia il nostro modo di vedere il mondo e di vederci l’un l’altro e ci ricorda il vecchio modello della fiducia locale, tranne per il fatto che oggi la comunità coincide con il mondo intero le cui sue redini invisibile, sono nelle mani dei giganti di internet”.  Occorre interrogarsi sulle conseguenze di questo riposizionamento della fiducia e sulla necessità di salvaguardarla, “Perché senza fiducia, senza sapere come si costruisce, si gestisce, si perde e si ripara, una società non può sopravvivere e certamente non può prosperare. L’attuale spostamento della fiducia non è solo la storia di straordinari progressi tecnologici. È una rivoluzione sociale e culturale”. E ci riguarda in pieno.

È questo lo spirto che anima il libro della Botsman: una visione ad ampio raggio su come la fiducia stia trasformando le nostre relazioni e il nostro mondo, su come le fonti di affidamento si stiano riposizionando nello scacchiere della rete, sollevando dubbi e  generando paradossi. Uno per tutti: come si è giunti a fidarsi di uno sconosciuto con cui condividere un viaggio con Blablacar o di un’autista di Uber, sebbene schegge impazzite che hanno rapinato e persino ucciso i clienti non siano mancate? A credere ai giudizi della folla su Tripadvisor? A chi dare la responsabilità quando la fiducia viene tradita? Quando una persona fa la spesa da Tesco, la sua fiducia è diretta al brand del supermercato. Ma dove risiede quando si ha a che fare con delle piattaforme? Quando saliamo su un’autovettura a guida autonoma chi è responsabili di un possibile incidete? Sono quesiti che sollevano dubbi cui l’autrice invita a riflettere recuperando il pensiero critico, troppo spesso anestetizzato dalla ricerca dei like sui social. Ed ecco un problema cruciale con cui fare i conti: la disonestà, vera o presunta, delle istituzioni rende le persone vulnerabili alle alternative e induce a fidarsi ciecamente di nuovi “arbitri della fiducia”, non sempre affidabili. L’annientamento della fiducia istituzionale minaccia di gettarci nel caos, in un pericoloso vuoto di fiducia aperto alla manipolazione che può essere riempito da teorie del complotto e accuse infondate. Le istituzioni, secondo la Botsma, non devono estinguersi, ma trovare il modo di adattarsi a questo nuovo panorama della fiducia. Che dire poi dell’ingresso prepotente e pervasivo dei robot intelligenti  nei compiti più familiari a noi umani? Paradossalmente i robot hanno bisogno dell’unica cosa che non si può automatizzare: la fiducia umana. Se non possiamo fidarci di loro non ha senso costruirli. Ma se ci fideremo troppo finiremo per esserne assoggettati, rinunciando al discernimento. Le macchine devono servire l’uomo, non assoggettarlo, “Dobbiamo perciò insegnare ai nostri figli a mettere alla prova i limiti della macchina. In fin dei conti la responsabilità di assicurarsi che i robot siano affidabile e si comportino bene deve spettare agli esseri umani”, e a nessun altro.

A conclusione di questa appassionata ricognizione sulla fiducia nell’era della digital trasformation, la Botsman afferma che “Non abbiamo una risposta semplice alla domanda Di chi possiamo fidarci, ma sappiamo che si tratta pur sempre di una decisione umana.  La tecnologia può aiutarci a fare scelte diverse e migliori, ma in ultima analisi siamo noi a dover decidere in chi  riporre la fiducia. Servirà un po’ di attenzione”. La fiducia distribuita, oggi dilagante, richiede una pausa di fiducia, un intervallo in cui fermarci a riflettere prima di cliccare sovrappensiero, di condividere e di accettare. Solo così avremo il tempo di fare le domande giuste e cercare le informazioni che ci aiutino a decidere se una determinata persona o informazione merita fiducia. “Ogni volta che iniziamo questo processo, nel nostro piccolo ci assumiamo la responsabilità del mondo in cui vogliamo vivere. Esercitiamo il potere che oggi è nelle nostre mani, a portata di clic. Aiutiamo la società a perseverare nella sua risorsa più preziosa e  fragile, la fiducia”.