Il Catalizzatore (Franco Angeli) e La Mappa delle Culture (ROIEdizioni)
Due libri che avviano un dialogo su due temi complementari oggi di grande attualità. Il catalizzatore di Jonah Berger su come attivare un cambiamento di mindset nelle persone, attraverso cinque “catalizzatori del pensiero che aggirano le resistenze”. La mappa delle culture di Erin Meyer affronta il tema dei modelli mentali e comportamentali di persone provenienti da paesi diversi. Un libro spiega come scuotere i modelli mentali per favorire il cambiamento. L’altro, come relativizzarli per poter entrare in contatto con culture differenti dalla propria e favorire il dialogo.
Recensioni di Raul Alvarez
IL CATALIZZATORE
Autore: Jonah Berger
Editore: Franco Angeli, 2021, pp. 171 € 22.00
Genere: Saggio di marketing e psicologia sociale
Chiave di lettura: Il libro racconta quali sono i principali fenomeni psico-sociali che frenano il cambiamento e quali i catalizzatori che possono sbloccarli.
Frase chiave: “I catalizzatori iniziano con una domanda basilare: perché quella persona non è già cambiata? Che cosa glielo impedisce e la blocca? Ecco di cosa tratta questo libro: come superare l’inerzia, indurre all’azione e cambiare mentalità eliminando le barriere che ostacolano il cambiamento”.
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Che i sistemi umani tendano all’omeostasi è risaputo. Le scienze dell’uomo la chiamano inerzia sociale, un lusso che nessuno può più permettersi. Dopotutto oggi il cambiamento non è una scelta, è un’alternativa all’estinzione. Ma quando si spingono le persone a cambiare facendo pressione o minacciandole, la tendenza è alzare le resistenze. Per aggirarle, Jonah Berger, Marketing Professor alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania e saggista di successo, ha una soluzione che attinge dal mondo della chimica: usare il catalizzatore, un reagente che sblocca il sistema avviando la trasformazione con minor spreco d’energia.
Il suo nuovo libro, a distanza di pochi anni dal successo di Contagioso e Influenza invisibile, arriva ancora una volta a segno con un tema attualissimo: come far cambiare mentalità alle persone portandole ad auto-motivarsi. Teoricamente solido, stilisticamente accattivante, disseminato di metafore eloquenti (“Quando un cambiamento fallisce, riteniamo che serva più potenza nel motore. Ma a volte è sufficiente togliere il freno a mano”), impreziosito da esempi illuminanti (la negoziazione di ostaggi, le campagne di dissuasione dall’uso di fumo e alcolici, la presa di decisioni, le campagne elettorali, ecc.), supportato da una serie affascinante di esperimenti psicosociali, Il catalizzatore è un libro che svela come indurre le persone a cambiare arrivando da soli (sebbene guidati indirettamente) a riconoscerne i vantaggi del cambiare e a scoprire cosa li frena.
Sono cinque i principali freni al cambiamento illustrati da Berger. Ognuno compone un capitolo nel quale l’autore svela come disattivarli. Parte dal fenomeno della reattanza, la tendenza a resistere a chi cerca di convincerci facendoci pressione. Ma “gli individui hanno un sistema innato di anti-persuasione che innescano quando avvertono che qualcuno vorrebbe spingerli a fare ciò che vogliono loro. Per aggirare le resistenze bisogna portarli ad autoconvincersi che cambiare è vantaggioso” Come riuscirci? Ad esempio, ricorrendo all’empatia tattica. Durante la negoziazione di un ostaggio, anziché sfoderare l’aut-aut: “arrenditi o spariamo”, mettersi nei panni dell’attentatore, farlo parlare, ascoltarlo in modo empatico per instaurare fiducia e trovare infine soluzioni compatibili con i suoi valori e le motivazioni del suo gesto. L’obiettivo è capire, anziché cercare di persuadere. Altra tattica, l’illusione della scelta, invece di offrire una soluzione, prospettare due possibili opzioni: “Preferisci mangiare messicano o sushi?”, piuttosto che cercare falle nel suggerimento dell’altro, l’interlocutore si concentrerà sul valutare la scelta che reputa migliore per sé. E ancora, fare domande anziché affermazioni: le affermazioni generano resistenze, le domande provocano risposte. Inoltre, “La domanda incoraggia a conformarsi alla risposta data”. Secondo, la dotazione, le persone sono legate a ciò che già possiedono (ad esempio, il loro smartphone) e tendono a sopravvalutarlo, evitano di cambiarlo, a meno che – ed ecco che entra in funzione il catalizzatore – capiscano che anche con il non cambiamento si ha qualcosa da perdere. C’è di più: “Per indurre le persone a cambiare, i vantaggi devono essere doppi rispetto agli svantaggi”. Terzo, la distanza. Le persone sono disposte a considerare prospettive diverse, ma fino ad un certo punto. Se c’è troppa distanza dalle proprie, tendono innescare il bias di conferma per liquidare le alternative. Un catalizzatore che può mitigare la distanza è “lo spezzettare la richiesta suddividendola in piccoli blocchi più gestibili, oppure chiedere di meno anziché spingere per avere di più”. C’è poi il principio di incertezza, fra il vecchio e il nuovo. Qui il catalizzatore da attivare è facilitare la prova per scoprire se il nuovo fa per noi. Infine, la ricerca delle prove di conferma.
Attraverso l’analisi di questi cinque freni al cambiamento, Berger rivela quali sono i catalizzatori con cui sbloccarli. Alcuni sono noti, altri meno, ma la forza del libro è nella sistematicità con cui organizza la materia, la vivacità dello stile, la capacità di raccontare un fenomeno complesso, quale è il change mindset, in 165 pagine che si leggono d’un fiato e invogliano a saperne ancora di più. Sullo stesso tema Franco Angeli ha pubblicato anche un altro libro altrettanto valido, Immunità al cambiamento di Robert Kegan e Lisa Laskow Lahey. Perciò, se Il catalizzatore vi ha stuzzicato l’appetito, ora sapete con cos’altro soddisfarlo.
LA MAPPA DELLE CULTURE
Autore: Erin Meyer
Editore: ROIEDIZIONI, 2021, pp. 268 € 24,50
Genere: Saggio sulla comunicazione interculturale
Chiave di lettura: Quello che è un comportamento efficace nel nostro paese può addirittura diventare irrispettoso in un altro. Imparare a convivere in ambienti multiculturali è la chiave per imparare a vivere, muovendosi col piede giusto.
Frase chiave: “Le sottili differenze nei modelli di comunicazione e le complesse varianti in ciò che, da una nazione all’altra, vengono ritenute buone prassi di business o buonsenso, hanno un enorme impatto su come reciprocamente ci comprendiamo e, in definitiva, su come otteniamo un risultato efficace”.
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Quando, pieno di aspettative, assisto alla conferenza di un guru americano spesso mi chiedo: “Possibile che racconti cose così scontate? Ci prende per scolaretti?”. Quando poi il conferenziere è un indiano, mi capita invece di chiedermi spazientito: “Insomma, ma quando arriva al punto?”. Quesiti irrequieti che hanno trovato risposta in più di una pagina di questo appassionante libro di Erin Meyer, docente all’INSEAD, vissuta in diversi continenti, che sa bene cosa significa rapportarsi con manager di culture diverse. Per sintonizzarsi con stili (cognitivi e comportamentali) differenti dal proprio occorre pazienza, tatto ed elasticità. Questo libro, dal sapore antropologico e lo stile brillante, racconta storie di fraintendimenti generati perlopiù dall’egocentrismo culturale. Le storie di insuccessi comunicativi, talvolta degenerati in conflitti, offre spunti di riflessione sul nostro nemico più insidioso: il pregiudizio. Meyer ha elaborato una Mappa delle culture attraverso l’analisi di 8 fattori-chiave riscontrati in vari continenti. A ognuno dedica un capitolo ricco di esempi illuminanti: 1. Stile di comunicazione (a basso o alto contesto), 2. Feedback negativo (diretto o indiretto), 3. Metodo di persuasione (deduttivo o induttivo), 4. Stile di leadership (egualitaria o gerarchica), 5. Approccio alle decisioni (consensuali o top-down), 6. Fiducia (centrata sui compiti o sulla relazione), 7. Espressione del disaccordo (conflittuale o evitamento del confronto serrato), 8. Programmazione (tempo lineare o flessibile).
Dei casi narrati da Erin ne cito solo alcuni, ma ne troverete molti in questo libro, una vera miniera che vale il costo della copertina. “Agli inglesi, ad esempio, piace pronunciare battute ironiche mantenendo il viso impassibile. Malauguratamente gli americani possono presumere si tratti di uno gioco, ma restano seri nel timore non sia così. Conseguenza, gli inglesi credono che gli americani manchino d’ironia”. E che dire delle diverse sfumature del garbo? Un manager americano, prima di esprimere un giudizio negativo tende a farlo precedere da due feedback positivi. Fa parte della sua cultura. Conseguenza, un dipendente messicano che doveva essere criticato per il mancato perseguimento di un obiettivo, non si accorse che i due feedback positivi ricevuti dal proprio capo fossero l’anticamera del “colpo di grazia finale”. E tornò a casa felice che tutto fosse andato per il meglio. E che dire della diversità negli stili cognitivi? I tedeschi, ad esempio, hanno una propensione a privilegiare il ragionamento analitico, mentre gli americani sono più pragmatici, “pochi fronzoli” è il loro motto. Durante una riunione un manager tedesco spiegò a un pubblico di americani come fosse giunto alla sua decisione, ripercorrendo passo passo il suo ragionamento. A fine riunione si sentì rimproverare dal capo americano: “la prossima volta vai dritto al punto. Hai perso la loro attenzione prima di arrivare alla parte più importante del tuo discorso”. Il tedesco rimase di stucco e pensò: “Il pubblico era composto da persone intelligenti e colte, perché avrebbero dovuto bersi la mia argomentazione senza che l’avessi costruita accuratamente per loro?”. Di malintesi come questi il libro abbonda e spesso sono così sorprendenti da metterci in guardia dai giudizi avventati.
Mappe delle culture è un libro affascinante, di piacevole lettura, spesso sorprendente, soprattutto utile, e non solo per chi lavora in ambienti muli-culturali perché oggi la multiculturalità è sotto casa. Essere consapevoli delle nostre diversità aiuta a mantenere viva quella risorsa essenziale alla convivenza civile che è il beneficio del dubbio.