I furiosi anni venti (Feltrinelli) – Il lavoro che cambia (San Paolo)
Questo mese parliamo di scenari, di come stanno evolvendo (o piuttosto involvendo) il nostro mondo, in questi Furiosi anni venti che ribaltano le regole del contratto sociale e quelle del Lavoro che cambia; un lavoro che dovrebbe nobilitare l’uomo, invece lo sta riportando a livello di merce. Sono gli inevitabili corsi e ricorsi della storia? Occorrono idee e soluzioni per uscire dal baratro. Due libri usciti in contemporanea affrontano questi temi. Seppure in misura diversa, hanno una lunghezza d’onda comune.
Recensioni di Raul Alvarez
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I FURIOSI ANNI VENTI
Autore: Alec Ross
Editore: Feltrinelli 2021, € 19.00
Genere: saggio sulla geopolitica dei mercati e del lavoro, dell’economia e della società.
Chiave di lettura: ripensare il contratto sociale per costruire un nuovo mondo più sano e vivibile
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Alec Ross ha il raro dono di rendere comprensibili temi complessi quali la tecnologia, l’economia, la politica a chi non ne è addentro. Divulgatore apprezzabile, osservatore della scena socio-politica-economica, capace non solo di raccontarla, anche di prospettare possibili vie d’uscita dalle crisi che stiamo attraversando. Non sempre le sue idee sono originali, ma lo scenario che ricompone è ricco e accurato. E lo stile accattivante. Ha lavorato a fianco di Hillary Clinton come consigliere per l’innovazione. Acquisito competenze nelle ONG, nel venture capital, nelle numerose istituzioni internazionali dove insegna, tra cui la Bologna Business School, un background che spiega la sua versatilità e il suo talento come divulgatore.
Con il primo libro, Il nostro futuro, edito da Feltrinelli (2016), si è fatto notare per la capacità di riflessione a 360° sui cambiamenti indotti dalla tecnologia. Con I furiosi anni venti l’orizzonte si estende alla rottura del contratto sociale fra Stato, imprese e cittadini. “Affinché le cose funzionino ci deve essere un equilibrio di poteri tra queste tre entità. Ma oggi l’equilibrio si è rotto. Il modello che avanza è quello di un pianeta dove gli Stati continuano a indebolirsi e poche multinazionali, statunitensi e cinesi, tendono a monopolizzare l’economia mondiale. La bilancia tra Stati, aziende e persone si è spostata a favore delle multinazionali, fino ad esercitare un ruolo preminente in “un’ampia gamma di questioni cruciali quali: la privacy, la sostenibilità, l’equità nei diritti dei lavoratori”. Colossi come Amazon, Microsoft, Google o Alibaba sono ormai potenti quanto uno Stato. E ciò ha un impatto devastante sull’ecosistema politico, economico e sociale, perché ormai sono loro a dettare le regole per il nostro futuro.
La rottura del contratto sociale è avvenuta in numerosi paesi. Per risolvere le crisi, il mondo si trova ora davanti a una scelta tra due modelli alternativi. Da una parte quello “autoritario” della Cina, che garantisce stabilità e sicurezza in cambio di un controllo quasi totale, non solo sull’economia, anche sulle libertà individuali. Dall’altra, il “modello aperto”, oggi rappresentato dagli Sati Uniti e dai paesi del Nord Europa. Esso mette insieme l’apertura delle società democratiche con la stabilità di un solido sistema di welfare, seppure, anche qui, non manchino problemi irrisolti. In tutto questo che ruolo gioca l’Europa? “Da troppo tempo gli europei non sono più protagonisti. È come una partita di calcio – spiega Ross con una bella analogia – oggi in campo ci sono due squadre (Cina e Stati Uniti). Invece di schierare la propria squadra, gli europei hanno preferito recitare la parte dell’arbitro che fischia i falli e mostra il cartellino giallo. Può contribuire a decidere il risultato della partita, soprattutto se dirige male, ma non è mai lui a vincerla”.
Altro tema centrale, il confronto-scontro fra il capitalismo azionario (esploso negli anni ’90) e il capitalismo degli stakeholder. Il primo, reclama l’ottimizzazione in vista di un’unica variabile: gli utili delle imprese a vantaggio dei soli azionisti e il profitto a breve termine, “fa affidamento solo sulle quotazioni in Borsa, disincentivando a investire il capitale a fini produttivi”. Al contrario, il capitalismo degli stakeholder porta le imprese a fare i conti con una galassia di gruppi diversi toccati dall’attività dell’impresa (dipendenti, comunità locale, clienti, ambiente). Quest’altra faccia del capitalismo ha mostrato i suoi risultati migliori in aziende come Patagonia, Bruno Cucinelli, Gucci, Walmart. Tutte realtà che dimostrano che sia possibile un capitalismo diverso, persino economicamente più vantaggioso.
Ross tratta ad ampio raggio temi oggi al centro del dibattito mondiale. Dal nuovo contratto dei lavoratori, alla riconfigurazione del ruolo del sindacato. È favorevolmente a nuove forme di sindacalizzazione dal basso, sostenute dagli strumenti digitali. “Consci della fluidità del mercato e della facilità con cui l’innovazione può creare, trasformare o cancellare intere professioni – scrive Ross – i sindacati dovrebbero concentrarsi più sul proteggere i lavoratori che sul difendere il lavoro; andare oltre le rivendicazioni salariali, sostenendo un “sistema di sicurezza condivisa” che includa partecipazione alle decisioni aziendali e azionariato diffuso”. E ancora, temi emergenti quali la revisione dei sistemi di tassazione, delle politiche economiche, e tanti altri. Tutti temi trattati con ampiezza di riflessione e agganci alla storia economico-sociale del nostro mondo nel corso degli ultimi due secoli.
Ancora una volta, Ross scrive un libro utile e necessario, un libro che aiuta a capire il mondo che ci circonda, i rischi, ma anche le opportunità che prospetta, le strade da percorrere per non perdere i diritti acquisiti in anni di lotte sociali e sfatare così il mito dei corsi e ricorsi della storia.
IL LAVORO CHE CAMBIA
Autore: Ciro Cafiero
Editore: San Paolo 2021, € 12.00
Genere: saggio sul futuro del lavoro
Chiave di lettura: come riparare “i peccati capitali” nel mondo del lavoro di oggi
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L’autore di questo singolare libro è un giuslavorista d’ispirazione cattolica, avvocato e docente presso la School of Law della Luiss Guido Carli. Come Ross, anche Cafiero vira lo sguardo sul mondo del lavoro di oggi, e ne scorge i peccati, parola che, nel lessico biblico e aramaico significa “fallire il bersaglio”. A suo dire, il lavoro ha ancora molti “bersagli mancati”, causa un capitalismo vorace attento a massimizzare il profitto per gli azionisti. Conseguenza, “Il lavoro è tornato ad essere merce, disintegrando il portato valoriale che lo sottende”.
Nel primo capitolo, con dati alla mano annovera i principali “bersagli mancati”. Disoccupazione, anzitutto, le cui principali cause sono: 1) una formazione ancora troppo tradizionale che guarda poco alle nuove competenze oggi richieste, nonché agenzie di collocamento inefficienti. 2) Troppi disdegnano alcuni mestieri (falegnami, panettieri, saldatori, artigiani, ecc.) con il risultato che oggi abbiamo 257.000 posti vacanti. 3) La spirale dell’assistenzialismo attorno a cui il Paese si è avvitato. Ma “l’assistenzialismo, senza politiche attive nuoce gravemente alla salute del lavoro”. C’è poi il precariato, la discriminazione di genere e di generazione. “Nel corso della pandemia il 98% del lavoro perso è quello femminile”. “Neppure il settore delle strat up ha una forza trainante” , una criticità del nostro Paese evidenziata anche Ross. E ancora, “Una logica del conflitto che finisce per prevalere su quella degli obiettivi comuni, con la conseguenza paradossale che il conflitto finisce col diventare l’obiettivo”. Cafiero auspica che le parti si aprano al dialogo e stringano alleanze per cogliere le potenzialità dell’innovazione. E prosegue con l’annoso problema di lacci e lacciuoli alle imprese, che riassume in: 1) un cuneo fiscale troppo alto che incentiva il precariato, 2) burocrazia, 3) incertezza del diritto, 4) la lentezza dei giudizi. Come non bastasse, la denatalità, con tutti gli scompensi sociali e i rischi che essa comporta
Nel secondo capitolo, dal titolo eloquente “Riscoprire il valore del lavoro”. Cafiero annovera la Dottrina sociale della chiesa di papa Francesco. Poi ripercorre a ritroso le varie encicliche che, fin dal 1891, hanno posto il lavoro al centro dell’attenzione della Chiesa cattolica. Un interessante excursus storico – pur nella sua concisione – che, indipendentemente dal proprio credo, rivela il contributo della Chiesa in questo ambito e la forza dei suoi intendimenti riassumibili in: non solo profitto, ma lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale.
Nel terzo capitolo, Cafiero passa a prospettare le possibili soluzioni. Le sue argomentazioni mostrano una conoscenza ampia e approfondita delle ricerche in materia. Capacità di analisi e progettualità. Ma su quanto emerge non aggiungo nulla, vale la pena leggere il libro per confrontarsi direttamente con le sue proposte. Solo una nota sulla sua fiducia in uno smartworking a misura d’uomo. “La pandemia ha posto lavoratori e imprese dinnanzi alla stessa sfida. Ed è stata vinta. Quali passi compiere perché questa alleanza possa durare?”. Anche su questo punto, la risposta la troverete nel libro.