Autori: Giovanni Lo Storto
Editore: Rubberttino, 2017, pp. 111 € 13.00
Genere: saggio sulla formazione
Chiave di lettura: “Ripensare la formazione rispetto al mondo del lavoro in una società che cambia velocemente
Frase chiave: “Al momento l’offerta di lavoro è disallineata rispetto alla domanda, in parte a causa di un processo formativo che ha difficoltà ad offrire un’esperienza trasformativa di vita e un apprendimento olistico e multidirezionale, con un approccio creativo e interdisciplinare. In breve occorre un sistema che dia l’opportunità di imparare ad imparare”.
Con la rivoluzione digitale nulla è più come prima, nemmeno il cervello. Le nuove generazioni hanno stili cognitivi e modalità d’apprendimento lontani anni luce da quelli dei loro genitori. Esprimono nuovi bisogni e attingono ad altre risorse. Ma la sistema scolastico sembra ignorarlo. Come sostiene il filosofo Michel Serres: “Le istituzioni educative assomigliano alle stelle di cui riceviamo ancora la luce, ma che secondo il calcolo degli astronomi sono già morte da molto tempo”. Il problema si evidenzia nei colloqui di lavoro, quando la distanza fra domanda e offerta, fra formazione acquisita e competenze richieste, diventa palese.
Per mantenere un ruolo primario nella società, la scuola deve adeguare i modelli formativi ad un mondo in continua evoluzione e preparare i giovani all’assai più difficile scuola della vita. È quanto sostiene Giovanni Lo Storto, Direttore Generale dell’università LUISS Guido Carli, in Erostudente, un piccolo libro che, in 9 parole-capitoli illuminanti (Osservare, Imparare, Orientare, Condividere, Desiderare, Provare, Allargare, Apprendere, Rallentare) suggerisce come stare al passo con la modernità. Sono tutte parole che esprimono verbi di azione, come a dire che la scuola deve trasmettere non solo contenuti, ma far fare anche esperienza (fisica e manuale) di ciò che si studia. Perché “L’apprendimento non è solo una questione intellettuale, è un esercizio che impegna l’uomo nella totalità delle sue facoltà. È aspirazione a completarsi e ad andare oltre se stessi, è volontà di costruire un rapporto con il mondo e con gli altri. Oggi dobbiamo confrontarci con un contesto che impone un modello di apprendimento più ampio. Un modello capace di comprendere attività ed esperienze diversificate che vadano al di là del solo studio e valorizzi le occasioni di incontro con gli altri.”. Quella che prospetta Lo Storto è una scuola che insegni a fare conoscenza di sé e degli altri, a riscoprire le proprie potenzialità e le proprie passioni, ma anche a “sporcandosi le mani con la vita”. Una scuola empowerizzante che ridia valore all’etica del sacrificio, che poggi su solide basi concettuali e, al contempo, sviluppi la persona a tutto tondo.
A sostegno di questa visione Lo Storto cita i lavori di pensatori originali come Sir Ken Robinson per il quale “la scuola uccide la creatività” o educatori visionari come l’indiano Sugata Mitra, le cui ricerche dimostrano che gli studenti, se messi in condizioni di lavorare in gruppo e sperimentare, possono sviluppare processi di auto-apprendimento abilitanti anche più efficaci di quelli ottenuti dalla didattica tradizionale. Perciò “Lasciamo che gli studenti lavorino assieme – suggerisce Lo Storto – che risolvano i problemi in modo collaborativo e proattivo” E conclude con una provocazione: “Sarebbe interessante vedere cosa succederebbe se provassimo a dire ai ragazzi: da questo momento in poi potete fare ciò che volete: copiate, telefonate, parlate, insomma cercate la soluzione che preferite e alla fine valuteremo quanto ciascuno di voi sia stato abile a trovare in modo collaborativo le migliori soluzioni, attingendo a molte fonti per risolvere i quesiti”. Una sorta di “scuola per obiettivi” e, al tempo stesso, una palestra di resilienza per sviluppare una “mentalità jugaad” poiché: “In un’era di austerità è importante che la frugalità e la creatività diventino un’abitudine, una routine, un circolo virtuoso di bellezza”.
L’esperienza della LUISS riportata nel libro è un bell’esempio di quella che Lo Storto chiama life largelearning, ovvero un apprendimento ad ampio spettro (intellettuale e pragmatico), un accademia che stimoli i giovani a praticare il volontariato e a coltivare l’orto della scuola, pratiche che allenino a riscoprire le virtù della condivisione e della lentezza. È anche una formazione all’entrapeneurship, che non significa solo imparare a creare imprese, spiega Lo Storto, ma avere anche il coraggio di rischiare apprendendo dai propri errori. Per questo occorre potenziare le capacità riflessive e il pensiero critico.
Francesco perillo
14 Settembre 2017 at 11:00 amCiao Raul, grazie per il servizio che ci dai. Ma i concetti di questo testo mi sembrano un po’ troppo scontati. Cosa hai colto tu di nuovo e originale?
Raul Alvarez
14 Settembre 2017 at 6:17 pmA mio parere non sempre i testi “originali” sono quelli più necessari. A volte libri che ribadiscono il buon senso, troppo spesso dimenticato o ignorato, accendono una luce laddove la ragione sembra essersi spenta. E aiutano a ricordare cosa conta davvero. Cose che talvolta diamo per scontate,, forse proprio per questo rischiamo di essere dimenticate. Gli autori di riferimento richiamati in questo piccolo testo – che conosco e apprezzo – e le loro testi condivise da Lo Storto mi sembrano un buono spunto per ripensare la formazione. È stato sufficiente questo ad accendere la mia attenzione sul contributo di Lo Storto. È forse troppo poco? Non so. A me è bastato.