Autore: Riccardo Staglianò

Editore: Einaudi, 2016, pp.251 € 18.00

Genere: saggio sociologico

Chiave di lettura: Innovazioni tecnologiche e futuro del lavoro

Frase chiave: “Web e robot ci tolgono la terra sotto i piedi, ma non sono eventi naturali, imprevedibili come i terremoti. Solo se continueremo a comportarci come se il progresso che portano sia indiscutibile, ineluttabile e ingovernabile, finiremo sotto le macerie”.


Una concorrenza sleale è in corso. Arriva dalle tecnologie di ultima generazione: più potenti e precise, più efficienti ed economiche di qualunque essere umano. Un’infinità di mansioni (alcune fino a ieri pagate profumatamente, oggi in via di deprezzamento) stanno lasciando il posto a software e robot semi-intelligenti dotati di qualità apprezzate da imprenditori e affaristi: nessuna rivendicazione sindacale, ne’ ferie pagate o congedi maternità. Un risparmio non da poco. Ma un costo sociale di proporzioni mai viste che mette a soqquadro interi campi professionali, aumentando il divario fra nuovi ricchi (i padroni della rete) e nuovi poveri. È questo lo scenario inquietante prospettato da Al posto tuo, il bel libro di Riccardo Staglianò, giornalista de La Repubblica, ex docente di Nuovi media alla Terza Università di Roma, autore di diversi libri-inchiesta di successo. Un reportage cui ha lavorato per cinque anni raccogliendo testimonianze dal campo dove è in atto la ricerca più avanzata in robotica e altre diavolerie. Ne trae previsioni che tolgono il sonno: “Le macchine hanno sempre rimpiazzato gli uomini. Prima, però, limitatamente ai compiti pesanti dei colletti blu. Ora stanno sostituendo anche i colletti bianchi. “Se in passato si perdeva un lavoro nel manifatturiero era possibile recuperarlo nei servizi. Oggi le macchine intelligenti distruggono più posti di lavoro di quanti riescono a crearne” e ci costringono ad inventarci nuovi mestieri, attingendo all’unica dote che ci rende ancora insostituibili: la creatività.

Il libro passa in rassegna alcuni fra i settori più colpiti dalla rivoluzione tecnologica, compresi quelli fino a ieri considerati a basso rischio, perché altamente specialistici: medici e operatori di borsa, in primis. Una delle minacce in campo medico si chiama Watson, un computer che ingurgita e digerisce duecento milioni di pagine al secondo. “Oggi, con tutta la letteratura scientifica a disposizione, e la mancanza di tempo per consultarla, Watson è di grande aiuto”, anche perché ha un’intelligenza inferenziale-statistico, capace di dedurre conclusioni generali a partire da campioni. Inseriti tutti i dati rilevanti, Watson sforna una schermata con due/tre opzioni di trattamento possibile. E difficilmente sbaglia. Da quando è arrivata Sedasys, una macchina capace di automatizzare la sedazione negli interventi chirurgici, anche una professione dell’anestesista è a rischio. Gli scanner di ultima generazione leggono le radiografie con precisione e costano meno di un radiologo. Negli Stati Uniti, i laboratori che usano BD FocalPoint, una macchina che controlla in automatico i vetrini dei test, riesce ad analizzarne fino a 170 al giorno, contro gli 80 di un’analista senza macchina. Un risparmio considerevole, ma un colpo letale per la categoria che richiederà meno radiologi. La tecnologia non risparmia neppure il settore finanziario. Il software Warren sta rimpiazza gli analisti junior di Borsa nelle raccomandazioni sull’andamento dei titoli. Può esaudire 65 milioni di quesiti, influenzati da 90 mila variabili. Se le prestazioni si equivalgono, o possono essere anche superiori, perché accollarsi una telefonata con un consulente piuttosto che un fai-da-te su smartphone? Con la nuova regolamentazione europea, il Mifed 2, cambierà i sistemi di remunerazione della consulenza finanziaria, rendendoli più trasparenti. A quel punt il consulente algoritmico o risulterà ancora più attraente di uno in carne e ossa. Inoltre, il progressivo arrivo sul mercato di nativi digitali, abituati a sbrigare ogni faccenda attingendo alla rete, finirà per premiare i sofisticati software a scapito degli onerosi consulenti.

Questi i nuovi settori in cui la tecnologica è entrata rapidamente e in modo inaspettato. Staglianò ne passa poi in rassegna altri dove l’evoluzione tecnologica è in corso, come il settore automobilistico dove è in arrivo la self-drive car progettata da Google. Anche Apple ne ha una in fase di sperimentazione. L’industria dei droni, con le diverse tipologie disponibili: il drone-edilizio, per il rilievo dei terreni dove posare le fondamenta dei palazzi. Il drone-biologico che prende campioni d’acqua nei fiumi e li analizza in cerca di agenti patogeni. Il drone-poliziotto per trovare i dispersi. Anche il personale dei call center è in allerta. Amelia, un robot centralinista dalle sembianze umane, è capace di rispondere a duemila chiamate al giorno, offendo soluzioni alla maggior parte dei quesiti. “E quando non è in grado di rispondere passa la parola all’assistenza clienti tradizionale, ma entra subito in modalità ricezione. Ascolta la risposta, non la dimentica e, quando ricapiterà quel quesito saprà cavarsela da sé, grazie ad una forma di intelligenza cumulativa che incrementa le conoscenze”. E che dire poi delle fabbriche a operai zero, in rapida espansione in Cina?

Come difendersi dallo strapotere delle macchine e da coloro che le finanziano per accentrare la ricchezza e diffondere la miseria? Esiste una via d’uscita? “Bisognerebbe cominciare a recuperare le tasse che Facebook, Google, Apple & company fanno sparire nei paradisi fiscali. Riconoscere una parte di guadagni agli autori i cui prodotti vengono distribuiti gratuitamente sul web. Le soluzioni non mancherebbero”, sostiene Staglianò, ma la politica pare ignorarle. Eravamo entusiasti di poter ricevere da internet informazioni e app “gratis”. Ci siamo illusi che fosse un dono della “democrazia informatica”. Ignoravamo che prima o poi sarebbe arrivato il conto: milioni di posti di lavoro persi ogni anno. La tecnologia sottrae più di quanto offre, i numeri parlano chiaro: Tweeter, genera 32 miliardi di dollari di fatturato con soli 3300 dipendenti. E che dire di Istagram? 1 miliardo di dollari con soli 13 impiegati! Altro che gratis. È il solito un inganno sottile, un gioco a ribasso. Sapevamo che nessuno regala niente per niente ma, an

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